«Mi dici per favore che strada devo prendere?» chiese Alice.
«Dipende più che altro da dove vuoi andare» disse il Gatto.
(L. Carroll, Alice nel paese delle meraviglie)
È indispensabile “pensare” in prospettiva futura, immaginare, fantasticare, desiderare, aspirare e volere ruoli adulti per le persone disabili ma è anche necessario, contemporaneamente, predisporre le azioni utili, prevedere le varie fasi, gestire i tempi valutare i pro e i contro, comprenderne la fattibilità…
È difficile per tutti – genitori, insegnanti, educatori – immaginare i propri figli i propri alunni o i propri utenti adulti; se poi sono disabili questo pensiero pare “bloccato”, si ha la percezione di vederli sempre uguali, sempre piccoli, per cui si tende solo a vivere alla giornata, concentrandosi sui bisogni del presente perché il futuro genera ansia e smarrimento.
Secondo l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono fondamentalmente tre gli obiettivi a lungo termine che devono connotare il Progetto di vita di ogni soggetto disabile:
• Un primo obiettivo deve essere mirato al potenziamento di capacità, competenze, attività del soggetto;
• un secondo obiettivo deve riguardare la partecipazione sociale del disabile, in rapporto alla quale egli potrà spendere nei contesti di vita le sue competenze;
• il terzo obiettivo deve prendere in considerazione i fattori contestuali facilitanti che “rappresentano l’intero background della vita e della conduzione dell’esistenza di un individuo”.
Affinché questo possa realizzarsi occorre che tutte le risorse a disposizione debbano essere poste in sinergia perché, se non si cammina insieme, non si arriva da nessuna parte, rischiando inutilmente di ostacolare il cammino già difficile della persona disabile.
Questo “cammino” richiede il supporto di servizi pubblici e privati, educativi, socio-riabilitativi, assistenziali, giuridici e sollecita una stretta collaborazione e convergenza di punti di vista di tutte le “maglie”, gli elementi che compongono la rete di cui la persona disabile e la famiglia sono gli attori principali.
Aiutare una persona disabile a sviluppare una buona identità autonoma significa sostenere i suoi desideri, le sue motivazioni, significa credere nella sua efficacia, nel valore delle sue azioni, aiutandola a coltivare una buona autostima.
Migliorare la vita dei giovani disabili, significa nel contempo migliorare quella delle famiglia. La partecipazione attiva dei familiari è infatti indispensabile per perseguire gli obiettivi prefissati: i genitori sono più consapevoli dei loro diritti e comprendono che, se affrontate insieme, le tante difficoltà che si presentano diventano meno pesanti.
Noi siamo quello che siamo stati, quello che abbiamo fatto, quello che abbiamo scelto. Ma siamo anche quello che vorremmo essere, siamo il progetto di vita, siamo quello che vorremmo accadesse nella nostra vita, siamo gli obiettivi che ci diamo tra qualche anno…
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